Marcello Astorri (1919-2006)

Marcello insieme a Valerio Sbordoni all’ingresso della Grava dei Gentili (SA), agosto 1972

Martedì e venerdì intorno alle 20, quando si scendevano le scale della sede del Circolo di via Aldrovandi, c’erano già Marcello e Franco Pansecchi, sempre loro i primi ad aprire. Introducevano alla speleologia i più giovani, trattando alcuni come figli. Di Marcello Astorri ricordo in particolare il lungo rito di preparazione dell’Antico Toscano e quel suo perenne parlare, discutere e insieme lavorare con attrezzature a noi ignote in magazzino o sul grande tavolo del Circolo. Era un fisico, un tecnico e insieme un artigiano della tecnologia, un “Archimede” disneyano illuminato e generoso, disposto a dar tutto per quel gruppo che domenica entrava in grotta con un particolare bisogno. Dalle comunicazioni all’illuminazione, al rilievo topografico, alle misure della temperatura e dell’umidità relativa, alla messa a punto delle attrezzature di progressione non c’era problema per il quale Marcello non fosse disposto a farsi in quattro per risolverlo, e a stupirci con soluzioni geniali. Offriva un supporto esterno alle esplorazioni (ad esempio al Pozzo del Faggeto o alla Grava dei Gentili), supporto importante anche nella risoluzione di problematiche relative alla disostruzione e allo svuotamento dei sifoni. Curava un magazzino sempre attrezzato ed era da tutti stimato quale saggio e prudente amministratore dei beni del Circolo. Lo ricordiamo “sul campo” a testare il suo solenoide nei rilievi esterno-interno delle cave di pozzolana tra Appia e Tuscolana (anni Ottanta), e a utilizzarlo nell’individuazione della posizione del possibile 5° ingresso del Corchia (1979), o dell’ingresso del ramo dei Babà a Pozzo della neve (1984). Di nobile famiglia, ma gentleman soprattutto nei modi e nello spirito, grande depositario della memoria storica del Circolo, Marcello spiegava con pazienza i principi della fisica ai giovani che gli mostravano un minimo interesse, ma era anche curioso della natura umana, dei comportamenti e delle bizzarrie manifestate dagli speleologi nel loro rapporto intimo con il buio e con l’ignoto. Si mostrava persino disposto a tollerare e talvolta ad aderire moderatamente ai nostri giochi e ai non-sense: talvolta accendeva addirittura la miccia della ridda festaiola che si scatenava spesso al Circolo, per condannarne poi subito, con veemenza, gli esiti degenerativi, le nostre intemperanze, gli eccessi.

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