…mediante l’ajuto d’una lunga e grossa fune meco recata, ebbi il sospirato piacere di entrarvi dentro, e discendere fino al fondo per esaminarne l’interno. Due arditi Collepardesi furono quei, che con mia promessa di denaro s’indussero a servirmi di guida, e dirò anche a farmi cuore. Col loro mezzo pertanto e di laggiù mi fu dato di considerare a bell’agio le curve e tortuose pareti, la varietà degli strati, i variopinti ciglioni, le grandiose stalattiti in vaghe forme da essi pendenti, le liste ed i festoni di ellera, che bizarramente le intrecciano; come pure le aperture che in varie parti appariscono, le diverse ossa quadrupedi, che nascondono, i gemitivi , il piano del fondo quasi orizontale ed assai più grande della bocca , le molte e svariate piante verdeggianti, che lo ricuoprono, i parecchi anfibj, ed uccelli, che vi soggiornano, e tante altre di lei speciose apparenze, che nel mentre allettano ed incantan la vista, solleticano ed interessano la curiosità del Fisico indagatore.
La descrizione di questo sprofondamento nato forse o per tremuoto, o per sostegno manco, che mi lusingo di poter pubblicare un giorno colle stampe, sarà accompagnata dall’opportuno disegno, lavoro d’un pittore da me condotto sul luogo, e quindi perfezionato dalla mano maestra dell’egregio Paesista Signor Carlo Labruzzi Romano.
Paolo Spadoni, Osservazioni mineralovulcaniche fatte in un viaggio nell’antico Lazio [etc.], Macerata, presso Bartolommeo Capitani, 1802, p. 69-71