Prime esplorazioni nell’Ottocento: Pozzo d’Antullo & Grotta dei Bambocci ‘oggetti maravigliosi’
Il geologo marchigiano Paolo Spadoni afferma di esser disceso nel 1800 sul fondo di Pozzo d’Antullo aiutato da “due arditi Collepardesi”. Secondo Vincenzo Rendinara, la guida che accompagnò Giovan Battista Brocchi sul posto, furono invece le due guide, Andrea Colasanti e Biagio Galli, a scendere nel pozzo (Nicosia 2013).
È la più spettacolare e ampia voragine di crollo del Lazio, con diametro massimo di circa 140 metri e profondità di 65 metri, che sarà chiamata in forme diverse: Pozzo Santullo, S. Tullo, Jantullo, d’Antrollo.
Mediante l’ajuto d’una lunga e grossa fune meco recata, ebbi il sospirato piacere di entrarvi dentro, e discendere fino al fondo per esaminarne l’interno. Due arditi Collepardesi furono quei, che con mia promessa di denaro s’indussero a servirmi di guida, e dirò anche a farmi cuore...
Spadoni visita e descrive la Grotta di Collepardo o dei bambocci (più tardi battezzata Regina Margherita), chiamandoli “due oggetti maravigliosi da niuno prima esaminati” ed esprime l’idea di un possibile collegamento sotterraneo tra Pozzo Santullo e Grotta dei bambocci, idea che diventerà per altri un sogno di possibili esplorazioni:
ho fondamento di credere che La Grotta dei bambocci avesse in addietro comunicazione per via di sotterranei canali, adesso rinchiusi, col Pozzo d’Antullo…
Giovan Battista Brocchi visita la Grotta di Collepardo e nel suo Catalogo ragionato di una raccolta di rocce disposto con ordine geografico (1817) descrive un “pezzo di stalattite calcaria, di figura botrica, composta di grandi e lucenti lamine di spato giallognolo”: “di tale natura sono le stupende stalattiti che adornano” la grotta “emula di quella di Antiparos”. Nella sua Conchiologia fossile subappennina (1843) parlerà del termine usato da Reuss Calcaria delle spelonche, per la formazione geologica più adatta ai processi corrosivi ed erosivi, elencando varie grotte dell’Appennino.
Nel 1824 l’abate e letterato francese Domenico Santucci, accompagnato dall’architetto Luigi Rossini e da tre artisti inviati dal principe Baldassarre Boncompagni, visita la Grotta e ne realizza un rilievo; vengono eseguiti i disegni per le 8 incisioni successive di Cottafavi, Bossi, Parboni e Rossini. Santucci darà alle stampe la sua relazione, in forma di lettere, nel 1845: Sulla grotta di Collepardo e suoi contorni; la terza lettera è dedicata al Pozzo Santullo.
Il Pozzo d'Antullo o Santullo, presso Collepardo (Ciociaria), da un'incisione di rame del 1876, di Bossi e Rossini
Un’altra visita è quella di Giuseppe Marocchi, che nel 1826 pubblica l’opuscolo Dettaglio della famosa grotta di Collepardo.
Il geologo de La Sapienza Giuseppe Ponzi tratterà delle grotte nelle Osservazioni geologiche fatte lungo la valle Latina 1849, p. 17-18 e riferirà dei suoi saggi di scavo delle brecce ossifere dei depositi nella grotta di Collepardo, con recupero di fauna pleistocenica, nel saggio del 1853 Sopra la Grotta di Collepardo.
Fabio Gori, archeologo e docente di storia e di geografia, pubblica nel 1855 un Viaggio pittorico antiquario da Roma a Tivoli e Subiaco sino alla famosa grotta di Collepardo […] in cui riporta in forma di diario descrizioni accurate dei luoghi insieme al racconto delle proprie emozioni; vi definisce la Grotta di Collepardo “Museo italico della natura”. Così descrive Pozzo d’Antullo (p. 90-91):
Sopra un colle verdeggiante d’olivi mi è apparsa la Terra di Vico circondata da mura e 24 torrioni. Più oltre una torre […] precede una folta selva di cerri, faggi e querce. Un Contadino mi ha guidato a destra pe’ campi a vedere uno spettacolo meraviglioso e rarissimo. All’improvviso ti trovi sulla sponda di un precipizio quasi circolare della periferia di circa palmi duemila. Allo scoglioso orifizio stanno abbarbicate verdeggianti querciuole, ma dalle pareti che al fondo calano perpendicolari, solo spenzola qualche pianta erratica; nel resto dove l’acqua ha corso senza ritegno, sono levigate, dove ha incontrato impedimento, più o meno le ha rese aspre e spugnose, ne ha divise le masse o allungandole in bianche zone, o travagliandole a capriccio […]. A spiegare la cagione dell’ avvallamento della rupe, come pure dell’ esistenza degli arbori ed animali nel fondo, l’Abate Domenico Santucci congetturò che anticamente il terreno cogli alberi ed animali copriva il presente orifizio, mentre al disotto si celava una Grotta. Le acque, oppure una forte scossa di terremoto lo precipitarono a basso
Nel 1864 Fabio Gori diede alle stampe il seguito del suo Viaggio con il titolo Nuova guida storica, artistica geologica ed antiquaria da Roma a Tivoli e Subiaco, alla grotta di Collepardo, alle valli dell’Amsanto ed al lago del Fucino
Nel terzo volume delle sue Wanderjahre in Italien, ‘Passeggiate per l’Italia’ (1858) il celebre storico tedesco Ferdinand Gregorovius scriveva:
esso mostrava nel suo fondo una foresta verde scuro di cime di alberi e di rampicanti che dolcemente oscillano […] il sole lasciava cadere in quelle profondità strisce di luce così era possibile vedere farfalle svolazzanti vispe su quella foresta affondata […] e i fiori irraggiungibili giù in basso, il labirinto di sentieri selvaggi in quel folto cupo, lo svolazzo degli uccelli che vivono laggiù, eccitavano la fantasia: essa immaginava in questo magico bosco sotterraneo un paradiso fatato…
Nel primo volume di un’anonima Descrizione topografica di Roma e Comarca : loro monumenti, commercio, industria, agricoltura […] edita nel 1864, si descrive brevemente la “celebre grotta di Collepardo” (p. 139-140) e il cosiddetto
Pozzo di Santullo o di Antullo, che è un abisso, non si sa in qual tempo formatosi fra gli apennini. La sua rotonda elittica apertura è di circa 1500 piedi: le pareti discendono a picco: l’orlo superiore intorno al quale si gira è aspro e scaglioso, ma provvisto di varie elci: nel fondo di tale abisso frondeggia una bellissima foresta, cioè grandi alberi alti da 30 a 40 palmi fra essi stretti e stipati, le cui chiome s’intrecciano e presentano un verde tappeto che dà ricetto a palombe e barbagianni. La totale profondità del pozzo è di piedi 80 (p. 141-142).
Giuseppe Tuccimei, Sopra le cavità naturali dei Monti Sabini, in Atti della Accademia pontificia de’ nuovi Lincei, 1886, p. 43-45
Alla fine dell’Ottocento, anche l’alpinista geografo Enrico Abbate descrive Pozzo Santullo, ricordando la consuetudine dei pastori di calarvi le pecore per nutrirsi della vegetazione del fondo e la leggenda della genesi del pozzo secondo la quale “sopra la cavità si stendeva un’aia; avendo alcuni contadini voluto battere il grano nel giorno dell’Assunta”, che è d’obbligo dedicare alla sola preghiera, la Madonna fece sprofondare l’aia per punizione.
Eduard Alfred Martel e le visite del Novecento
Giuseppe De Napoli riavvia l’interesse per queste grotte scrivendo due articoli sulla principale rivista di speleologia italiana: il primo è La Grotta Regina Margherita o di Collepardo, in Le Grotte d’Italia, a. 1, n. 3, ott.-dic. 1927, p. 23-28.
Il secondo articolo di Giuseppe De Napoli è Il Pozzo d’Antullo presso Collepardo (Ciociaria), in Le Grotte d’Italia, a. 2, n. 1, gen.-mar. 1928, p. 19-22.
Nel 1928 Eduard Alfred Martel ricorda, in un suo articolo scientifico, firmato quale Presidente della Società di Geografia di Francia, per Le Grotte d’Italia, di avere disceso il 20 aprile 1903 un “abisso enorme, molto curioso: il Pozzo d’Antullo o d’Antrollo”. Martel, considerato quale padre fondatore della speleologia, avanza una ipotesi speleogenetica delle grotte e sostiene l’ipotesi di un collegamento tra i due fenomeni carsici:
Quando si è scesi non si trova alcuna galleria […] nella parte più interna, si scorge una fenditura che bisognerebbe allargare o far saltare: è molto probabile che essa conduca, come a Padirac o al Tindoul, in Francia, a nuove gallerie con direzione verso la Grotta Margherita. Personalmente io non ho alcun dubbio sul nesso che corre tra queste due cavità…
E. A. Martel, La grotta Regina Margherita a Collepardo, in Le Grotte d’Italia, a. 2, n. 2, apr.-giu. 1928, p. 66-67.
Martel scatta fotografie, compie misure di temperatura e di quota con “barometro olosterico” e accenna nell’articolo che le quote furono “precisate per gentile cura dell’amico Eugenio Boegan”. Il CSR discenderà Pozzo Santullo il 21 maggio 1928 (vedere libri relazioni) e Carlo Franchetti preparerà una lettera da inviare a Martel sull’esito della visita, aggiornandolo anche sulle recenti esplorazioni all’Ouso dell’Isola (Carpineto Romano):
«Caro signor Martel, mi è sempre presente e vivo il ricordo della vostra cortesia a Parigi, e mi auguro di potervi rivedere presto. Ho alcune notizie che penso vi possano interessare. Il signor Filippi (*) di cui mi parlavate (quello del Karakorum) è sempre vivo e abita a Villa Capponcina (Settignano, Firenze). È suo fratello invece che è morto, eroicamente, a bordo di un’imbarcazione. Per quanto fossi assente i miei compagni qui a Roma hanno fatto alcune interessanti escursioni. Sono andati al fondo di pozzo Santullo (38 metri di profondità) e hanno trovato che l’acqua scorre ai piedi della parete per poi infiltrarsi in una frana impraticabile causata dal crollo della volta. Le stalattiti perpendicolari fanno pensare al periodo precedente il crollo, mentre tutte le altre presentano delle strane formazioni circolari e quasi orizzontali… che sono state causate dal deposito di calcare sotto l’azione di una corrente d’aria. Sono state fatte delle riprese cinematografiche. A Carpineto è stato esplorato – ne abbiamo controllati sinora 8 – un abisso di 80 metri con un allargamento alla base e alcuni rivoli d’acqua che inghiottono in frana. Quest’acqua va quasi sicuramente verso la piana delle Paludi Pontine. Le esplorazioni della bellissima grotta di Pastena continuano regolarmente. In agosto, anzi dall’11 al 20 luglio, ci sarà da noi a Fiume un congresso di speleologia al quale parteciperemo. Ho ricevuto le più gentili accoglienze alla Sorbona”.
(*) Una lettera del medico e viaggiatore Filippo De Filippi a Martel (7 aprile 1913) è conservata nell’epistolario: cfr. La Plume et le Gouffres: correspondance d’Edouard Alfred Martel […], Meyrueis : Association Edouard-Alfred Martel, 1997, p. 556.
Nel secondo dopoguerra – primi anni Cinquanta, il CSR pubblicherà una cartolina postale.
Una escursione speleologica a Collepardo viene svolta il 7 aprile 1947; vi partecipano Cesare Imperi, Claudio Ranieri, Bruno Gianfelici, Mario Rossi Marcelli, Leo Pighetti, con il supporto di De Santis, presidente dell’Associazione dei Collepardesi residenti a Roma.
Studi di carattere geologico sono svolti nel 1979 da Silvano Agostini nelle Notizie preliminari sulle grotte di Collepardo mentre gli scavi nella Grotta Margherita di A. Guidi (1981) permettono di recuperare reperti ceramici e osteologici e nel 2008 scavi stratigrafici attestano usi funerari del Bronzo medio iniziale (Angle, Catracchia e Mancini 2014).
La 23 Pozzo Santullo Busta Catasto storico del CSR
La 22 Grotta di Collepardo Catasto storico del CSR
Osservazioni naturalistiche nel passato
Paolo Spadoni cita i “festoni di ellera” lungo le pareti del pozzo, e sul fondo “le molte e svariate piante verdeggianti, che lo ricopruono, i parecchi anfibj, ed uccelli che vi soggiornano” (Spadoni 1802:70). Domenico Santucci osserva che si vede
“laggiù in fondo e frondeggiar rigogliosa una foresta bellissima. Dunque fissiamo bene: pozzo con una selva di grandi alberi nel fondo. Mi chiederete, se sono radi questi alberi in modo che apparisca qualche parte del piano. Vi so dire che anche co’ vostri occhi lincei non ne potreste scoprire un palmo : tanto sono fra essi stipati; anzi pure si vede di ciascun albero la chioma, perchè le une sono inserte alle altre per modo che nascondendo tutti i tronchi, apparisce soltanto un verde strato di foglie che ne riempie tutta l’ampiezza e che talvolta ondeggia pe’ venti come la superficie d’un lago. Cotesti alberi, secondo le misure da noi prese, sono alti da trentasei a’ quaranta palmi. […] Furono distaccati da’ nostri contadini alcuni gran massi dal margine di tale abisso e rotolati giù nel fondo. Allo strepito, che ne accompagnava la caduta, aprivano il volo di laggiù le palombe, i barbagianni ed altri uccelli, tra’ quali venne verso noi dibattendo a gran fatica le ali un bianco gufetto. La gente del luogo crede albergar sotto quelle piante altri animali ancora, come lepri, cervi e di si fatte specie. Ma gli hanno forse essi veduti? Non credo” (Santucci 1845:52-53).
Sull’orlo del pozzo Santucci ricorda che “verdeggiano qui e colà delle piccole querciuole abbarbicate alla roccia, dette ancora elcine o sia piccole elci o quercie. Parecchie di queste hanno prolungato i rami in guisa che discendono per lungo tratto fin verso il fondo; e per essi alcuni contadini più azzardosi non temono di rampicarsi, tuttochè si veggano di sotto aperto sì grande abisso, il quale forse non mette tanto spavento a motivo . dello strato di verdura, onde l’ascondono allo sguardo le chiome degli alberi” (Santucci 1845:55).
Anche Fabio Gori descrive la veduta della vegetazione dall’alto:
Nel fondo, a chi noi sapesse sembra che vegeti un prato di erba; ma quella verdura è de’ rami, i quali insertando le chiome, coprono i fusti degli arbori alti da 36 a 40 palmi. Ad un tratto ha cominciato a spirare fortissimo vento che penetrando colaggiuso, con mio grande stupore ha fatto ondeggiare e strepitar quello strato di foglie. A tal rumore hanno due colombelle lasciati i loro nidi, e disperatamente han preso gemendo il volo prima verso di noi, poi, atterrite dalle nostre mosse, sino ad una considerabile altezza, e infine l’hanno ripiegato verso la macchia di Vico. Mi ha detto il Contadino che laggiù avvi gran copia di animali, come cervi e lepri: che i Pastori ardiscono qualche volta scendervi raccomandati alle corde, e vi lasciano pascere ed ingrassare per mesi e mesi qualche capra.
Fabio Gori, Viaggio pittorico antiquario da Roma a Tivoli e Subiaco sino alla famosa grotta di Collepardo […], Roma, Tipografia delle belle arti, 1855, p. 90-91.
Riferimenti bibliografici
Pozzo d’Antullo e Grotta di Collepardo
Alberto Arcioni, Il pozzo di Santullo a Collepardo, in “Lazio ieri e oggi : rivista mensile di cultura regionale”, a. 35. n. 6 (1999), p. 176-177.
Giuseppe De Napoli, La Grotta Regina Margherita o di Collepardo, in Le Grotte d’Italia, a. 1, n. 3, ott.-dic. 1927, p. 23-28.
Descrizione topografica di Roma e Comarca : loro monumenti, commercio, industria, agricoltura […], Roma, [s.n.], 1864.
Angelo Nicosia, Il viaggio nel 1816 del naturalista Giambattista Brocchi in Ciociaria, in ‘Latium’, 30-31 (2013-14), p. 169-224.
Studi geologici, speleologici e naturalistici
In Notiziario del Circolo Speleologico Romano, a. 35-36, nuova serie – n. 8-9-10, 1993-1995:
Silvano Agostini, Il contesto geologico e ambientale dei fenomeni carsici nei Monti Ernici con particolare riferimento al sistema ipogeo Gemma Gresele-Vermicano p. 5
Stefano Gambari, Carsismo e grotte dei monti Ernici (Comprensorio della XII Comunità Montana-Lazio) p. 21
Franco Terragni, Indagini idrogeologiche nell’alta valle del Fiume Cosa p. 95
Claudio Di Russo, Salvatore Simonelli, Monitoraggio microbiologico delle acque sorgive e sotterranee dell’alta valle del Fiume Cosa p. 123
Leonardo Latella, Claudio Di Russo, Valerio Sbordoni, Note sulla fauna cavernicola dei Monti Ernici p. 135
Maurizio Monteleone, Storia delle esplorazioni speleologiche dei Monti Ernici p. 147